domenica 6 aprile 2014

Le mutande di latex

Seduto al tavolo verde emanava condensa. In ben quattro ore di gioco serrato non aveva vinto neanche una mano. Le stava provando tutte, dai bluff alle puntate esose per intimidire gli avversari. Niente. In particolar modo quel giapponese focomelico, non gli dava pace. Forse barava? Di certo gli passavano un bel po' di buone carte e poi, andava sempre a vederlo quasi per punto preso. Stava dilapidando una fortuna. Come avrebbe fatto a tornare a casa e dirlo alla moglie , ma soprattutto alle sette figlie gemelle? Ormai le fiches erano esigue e probabilmente non gli sarebbero bastate nemmeno per una mano. Il croupier gli dette le cinque carte. Le stillò lentamente una ad una. Tris di donne, sette di fiori e dieci di quadri. Cercò di mascherare l'emozione, ma essendo uno psicopatico, immediatamente esplosero tutti i sedici tic nervosi che si portava dietro da anni. Nonostante fosse stato studiato da diversi luminari del settore, nessuno era mai riuscito a spiegare quella impressionante sequenza di movimenti incontrollati, alcuni anche violenti, che scaturivano, con buona probabilità, da un recondito corto circuito che si verificava in un anfratto sperduto del suo io più misterioso. L'aria si era fatta pesa. Tutti gli avversari prima di lui passarono per attendere la sua apertura. Arrivato il proprio turno, come in preda ad una crisi epilettica, cadde stremato a terra e tentò di mordere il sedere alla sua avvenente vicina di posto. Dopo quasi mezz'ora riuscì ad aprire. Tre milioni di lire, con prestito del Casinò ad interessi incalcolabili. Se ne andarono tutti, tranne, manco a dirlo, il giapponese funesto. Piccolo e traccagnotto, aveva il viso rotondo e sguardo dichiaratamente ottuso. Rideva continuamente, tanto da generare in tutti i presenti, compresa la moglie che lo odiava spudoratamente, un istinto di cannibalismo. Lo odiò veramente. Chiese due carte. Entrò coppia di nove. Aveva full. Il nipponico intanto era servito di mano. Appena sentì quell'affermazione, si alzò dalla sedia, partì di scatto e percorso tutto il perimetro della sala dette una tremenda testata alla roulette, che si sbriciolò letteralmente. Tornò a posto. "Rilancio di dodici milioni che non ho" disse. L'altro vide. Scala reale a picche. Impazzì. Dalle mutande in latex estrasse un coltello a serramanico e prese in ostaggio sedici persone compresi due bambini e l'immancabile donna incinta. Si asserragliò in un bagno di servizio all'ultimo piano dell'edificio. Il Casinò fu prontamente evacuato e le forze dell'ordine si appostarono tutto intorno alla toilette. Inziò una lunga ed estenuante trattativa a voce, visto che solo la porta divideva le due fazioni. Dopo quarantacinque giorni di contatti serrati, si arrese per sete. I prigionieri all'uscita dissero di essere stati veramente bene e che lui era una persona d'oro.

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