GENTE VANA LA FANZA DELLA CURVA
Cose a caso n.6 del 14-01-01 Siena-Cittadella, di Simone Taddei
Nel viaggio di andata verso il Luigi Ferraris di Genova, in
un pullman ormai saturo sia di vapori
alcolici che di vapori sudoriferi -ascelle, ani e piedi- è stata espressa da
uno dei 54 pellegrini presenti, una delle frasi che più mi ha fatto riflettere
negli ultimi anni, “è una vita che sguazzo nel vomito!”.
Ad un’attenta analisi, essa risulta come un’affermazione di
una consapevolezza estrema, ma che sintetizza lucidamente gli ideali di un
ragazzo come tanti, cresciuto nei gradoni del Rastrello e ormai avviato alla
piena maturazione.
Intervistarlo poi è stato un piacere tutto particolare,
perché sia nella dialettica che nella gestualità dimostra di essere non un
individuo normale, ma una mina vagante vera e propria, capace di iniziare fino a
dieci discorsi completamente scollegati fra di loro e di non portarne a
termine nemmeno uno.
A quale età hai cominciato?
Credo sia stato intorno agli undici anni, in contrada, sai
quando vuoi fare il grande, metti in
bocca le prime sigarette (Kim), dai qualche gotto più sostanzioso e poi
accentui la sbornia per farti notare, fai finta di sorreggerti male in piedi,
caschi in terra spesso, ridi con entusiasmo smodato, insomma cerchi
di entrare più velocemente possibile nel mondo dei mongoloidi.
E poi?
Poi inizia a piacerti sul serio, ti senti molto più
disinibito, io in particolar modo adoro il nudismo, altri diventano in un
nano-secondo amici fraterni di tutti, altri s’incazzano per una spallata. Si
crea in definitiva un microcosmo di comportamenti che più risultano idioti e
più ti piacciono.
Un episodio?
Una serata normale, mi lustro come un ginocchio fuori da un lenzuolo, poi caldo come un
termosifone delle Scotte in inverno, salgo in macchina, da solo, per tornare a
casa. Chiaramente dopo pochi km. di strada
sento la vescica gonfia al pari
di una canottiera di Platinette, e mi fermo per assolvere ai miei giusti doveri
fisiologici.
Finito di irrigare, risalgo in auto con
i pantaloni sbottonati e le mutande all’altezza del menisco, e riprendo
lo slalom per raggiungere più presto possibile il letto, ma dopo una serie di
curve a gomito, è direttamente lo stomaco ad intimarmi la seconda sosta.
Mi fermo in mezzo alla carreggiata, apro lo sportello e
rimetto per metà sull’asfalto e per metà dentro il vano porta -oggetti dello
sportello, dopodiché sfinito, come uno che ha montato le catene la mattina alle
sette, mi addormento praticamente con il sedere sul sedile, e la testa sulla
linea di mezzeria della strada.
Qualche automobilista
presumo più impietosito che altro, probabilmente telefona ai carabinieri, i
quali al loro arrivo mi svegliano bruscamente chiedendomi di esibire i
documenti. Rincoglionito mi alzo di scatto e rimango miseramente
nudo dalla maglietta in giù.
Quindi?
Ti ripeto, è una vita che sono circondato dal vomito, cioè
da quando neonato rigurgitavo gli omogeneizzati, fino ad oggi che sono cresciuto e che continuo
imperterrito a correggere tutto quello che mi appare analcolico.
Le chiacchiere scorrono veloci, si parla e si ripensa ai
fatti di vita vissuta ma soprattutto bevuta, mentre girano come pallottole,
bocce da cinque litri di vino rosso del Penny, vinsanto del nonno sicuramente più
cattivo del Be-Total, liquori vari e pinzimonio, mentre lo stadio ormai si
avvicina.
Tra poco un’altra
compagnia di paralizzati celebrali assisterà all’ennesima partita della Robur.
E come ha detto Spago sorseggiando un bicchiere di acqua
minerale:” e un mi piace, un c’è niente da fa’”.
Sarebbe bello tornasse, la fanzine
RispondiEliminaMa la foto di Valentino dove l'hai scovata..ahahaha un manga vivente
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