domenica 23 marzo 2014

Una vita da mediano

Giocò quella partita come fosse stata l'ultima. Una carriera esemplare, sempre nella stessa squadra, senza una vittoria di rilievo, una soddisfazione. Si era innamorato dei tifosi, della città, dell'ambiente e per questo, aveva respinto tutte le offerte che, puntualmente, ogni anno gli arrivavano da club molto più blasonati. Inutile dire che aveva rifiutato ingaggi economicamente stratosferici, senza peraltro mai pentirsene. Alla fine però la rivincita era arrivata. Dopo una montagna di delusioni cocenti, sbeffeggiamenti degli avversari, derisioni di stampa e addetti ai lavori, il destino, inevitabilmente sempre avverso, si era voltato e li aveva notati. L'inizio di stagione era stato, come al solito, disastroso: 6 sconfitte di seguito, 72 goal subiti, 2 realizzati. Lottavano come leoni, questo si, ma il divario con i rivali di giornata era incolmabile. I tifosi capivano in pieno questa situazione e, benché frustrati, li sostenevano sempre a prescindere dal risultato. Poi, finalmente, era arrivata la prima partita di coppa di lega, con la capolista di prima divisione. Il match si svolgeva dall'altro capo della nazione. Dovettero sobbarcarsi 2500 km in autobus, partendo tre giorni prima per arrivare in tempo. Dormirono in sacco a pelo e per non perdere la condizione atletica si allenarono con un pallone medicinale dentro il pullman. Nonostante tutto fecero in tempo. La giornata era da tregenda. Neve mista a pioggia e freddo da lupi. Quando entrarono in campo, un boato assordante accolse gli avversari. Il fango attanagliava le caviglie impedendo qualsiasi movimento atletico. Giocarono ottanta minuti dentro la propria area di rigore. Il pallone di cuoio pesava come un termosifone d'arredamento e non scorreva. I rivali, stremati dalla fatica di quell'assedio, non si accorsero di una palla rinviata a casaccio. Alcuno corse a recuperarla. Dopo alcuni minuti in cui tutti respiravano per recuperare, provò timidamente ad avviarsi verso di essa. Nessuno si muoveva. Il pubblico rumoreggiava per avvertire i propri giocatori del pericolo. Niente. Arpionò la palla e con decisione puntò la porta avversaria. Arrivato al limite dell'area vide il portiere venirgli incontro. Il fango lo stava risucchiando. Con le ultime forze tirò un punteruolo disumano. Rete, rete, rete. Vittoria con passaggio del turno. Per la gioia non fecero nemmeno la doccia e ripartirono per casa, dove si lavarono con calma. Una dopo l'altra sbaragliarono tutte le altre squadre che incontravano, finchè non giunsero in finale. Pensò che poteva ripagare tutti i sacrifici sostenuti e le occasioni perse per inseguire la sua coerenza. Suonò l'inno nazionale. Fece testa o croce e scelse palla. Al 35° minuto sbagliò un goal già fatto, al 37° fallì un rigore inesistente e al 38° prese un palo clamoroso. Tentò di suicidarsi inalando una bomboletta di anestesolo e fu salvato con una puntura di adrenalina, praticata dal massaggiatore. Il secondo tempo fu un'apoteosi. Segnò una sestina e vinsero 7-2.Alzando la coppa pianse e rivide il film della sua vita. Dedicò il successo agli attivisti di Greenpeace.

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