domenica 22 giugno 2014

patrimonio dell'Unesco

Quel sole cuocente gli stava letteralmente squagliando la pelle. Aveva purtroppo commesso un errore madornale e ora doveva pagare un pesante dazio. Fidarsi e intraprendere quel viaggio on-line alla scoperta del deserto del Goblin, era stata senza ombra di dubbio una leggerezza imperdonabile, ma sfidare ulteriormente la sorte volendo effettuare a tutti i costi quell'escursione notturna, accompagnato da sedicenti beduini con il ciuffo rockabilly era veramente una sciocchezza da pivelli. Difatti, mentre stavano bevendo in circolo un karkadè  al ramerino, senti un colpo alla testa violentissimo. Quando riprese i sensi era già l'alba. Solo nel bel mezzo di un deserto alquanto ostico e derubato di tutti i suoi averi. La sete iniziò inevitabilmente ad attanagliarlo. In bocca pareva avere un tipico muro a secco della montagnola senese. In breve tempo iniziò a vaneggiare sul serio. Prigioniero di allucinazioni terribili, tipiche dell'era flower power, in prima istanza si immaginò di essere intrappolato in un rustico infestato di serpenti corallo dai colori della bandiera della pace. Dopodichè si vide inseguito da un tafano gigantesco dalle sembianze di un varano del parco di Komodo in Indonesia. Per chiudere con il botto infine, gli sembrò di essere al gay pride sopra un carro occupato da omosessuali estremi sponsorizzati  Red Bull, dovendo fungere, al termine della sfilata, da vittima sacrificale per tutti i passeggeri, gasati, senza scrupoli e muniti di micro-camera. In preda ad un delirium tremens cercò di accendere, per fumarlo, un cobra dal collo nero particolarmente letale, che non lo attaccò solo perché tartassato da una feroce sciatalgia. Scampato il pericolo, riuscì miracolosamente a riprendersi. Riavvolse velocemente il nastro e capì che era necessario trovare una rapida soluzione o sarebbe morto in quel luogo ostile. In primis quindi doveva scovare l'ombra e poi cercare aiuto. Non c'era una pianta nemmeno a pagarla oro e neppure una cabina o gabina del telefono. Cadde in uno stato di profonda prostrazione mentale e fisica. Nel marsupio, che aveva sempre allacciato in vita, trovò un foglietto di carta e una penna a sfera. Scrisse un'accorato messaggio di aiuto e lo inserì nell'unica bottiglia vuota di plastica che gli era rimasta. Con le ultime forze, la gettò più lontano possibile sperando che qualche cristo la rinvenisse al più presto. Alcuni anni più tardi, accanto al suo scheletro si innalzò un cactus baobab gigante. La leggenda narra che appoggiandovi l'orecchio alla base, si possa ancora sentire l'eco dei moccoli del povero turista. Nel 2010 il luogo è diventato patrimonio dell'Unesco, nonostante la netta opposizione dello Stato Vaticano.

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