martedì 3 giugno 2014

Il camion

Prese le sue cose e le mise dentro ad un'anonima scatola di cartone beige. Quel momento per lui terribile era arrivato e non si poteva più rimandare. Trentacinque anni di servizio volati in un soffio, la legge che gli imponeva di farsi da parte per lasciare posto ai giovani. Uscì dall'ufficio e scese le scale per l'ultima volta. Tutti i colleghi lo salutarono con il sorriso intriso d'invidia. Li avrebbe fulminati, ma cercò di camuffare il suo stato d'animo ed uscì. La stragrande maggioranza delle persone, in questa precisa situazione, avrebbe iniziato a correre di felicità, facendo capriole nell'asfalto e tripli salti carpiati con mezzo avvitamento in avanti, ma lui no. Era triste per il futuro. Cosa avrebbe fatto? Non era sportivo, non amava il fai-da-te, niente hobby e passioni di alcun genere. In vita sua aveva solamente lavorato dietro a quella scrivania di legno massello e nient'altro. Alla veneranda età di 78 anni suonati, non poteva mica mettersi, da un momento all'altro, a fare arrampicate, bungee jumping o dare il mordente al canterano del trisavolo. E allora? Mah, optò per un succo ace corretto, lui che era astemio, in modo da scordare, almeno temporaneamente tutti quei torbidi pensieri. Passarono i primi tre giorni. Manco a dirlo, furono nefasti. Litigò ben 1254 volte con la moglie per futili motivi e le uniche attività che espletò, si ridussero  al pagamento delle bollette, spesa giornaliera e file in banca interminabili. Alla fine della prima settimana, dal nervoso, era dimagrito di 15 kg. Non poteva resistere. Decise di cercare un'impiego anche di bassissimo macello. Niente. Vista la crisi anche i lavori più infimi erano ricercati. Disperato, iniziò a comprare le riviste locali con gli annunci. Rispose a tutti, ma nessuno, vista la sua età, era interessato a lui. Un giorno però notò un'inserzione generica che stringatamente recitava: "cercasi fattorino, contattare telefonicamente ore pasti il 336789512, Ramon". Telefonò. Dall'altro capo rispose una voce giovane, non italiana, che senza troppi preamboli fissò un'appuntamento per il mattino seguente. Arrivato all'indirizzo comunicato, suonò il campanello ed entrò in un sottoscala buio e umido. Ad attenderlo c'era un colombiano, carnagione scura, denti bianchi fosforescenti e fisico corpulento. Senza chiedere generalità o informazioni, gli spiegò che il lavoro consisteva nel trasporto di cocaina. Doveva, per fare questo, confezionare degli ovuli con dentro la sostanza, ingerirli e poi a destinazione, mediante defecamento forzato consegnarli al piazzista. La parcella visto il rischio che veniva corso era congrua e in contanti. Accettò. I primi tre trasporti furono una passeggiata. Al quarto però qualcosa andò storto. Un'ovulo sigillato male si aprì nell'intestino e la coca si sparse libera per il corpo. In pochi attimi sentì un prurito mostruoso, dopodichè un pizzicore intenso alla bocca dell'ano e infine uin'impulso irrefrenabile a correrre. Lo videro partire come Usain Bolt, solo che si trovava in mezzo ad una strada trafficatissima. Vista l'ora di punta il traffico era congestionato, ma lui doveva scaricare quel'energia che scaturiva da dietro. Partì lanciato, passando sopra al cofano di ogni vettura che si trovava davanti. Corse per tutta la notte finchè non arrivò all'imbocco dell'A1. Senza pensarci un'attimo saltò la sbarra del casello, prese la rampa  e sfrecciò in autostrada in corsia di sorpasso.Purtroppo però era nella carreggiata sbagliata. Da dietro ad una curva si vide spuntare i fari di un'enorme tir lanciato a tutta velocità. L'impatto fu terribile. Le faippole della collisione furono visibili ad alcune centinaia di chilometri di distanza. Quando il mezzo riuscì a fermarsi, il guidatore, un pregiudicato serbo completamente tatuato, lo vide perfettamente fuso nello spoiler anteriore. Nessuno riuscì a riconoscerlo e così venne lasciato sul frontale del camion. Ancora oggi gira per l'europa anche se è stato sabbiato e riverniciato svariate volte.

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